Sostenibilità

Green Claims Directive: cosa prevede la proposta di normativa anti greenwashing

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Per limitare il greenwashing, nel 2023 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di Direttiva sui Green Claims. Di cosa si tratta, e cosa prevede?

La crescente attenzione dei consumatori verso la sostenibilità ha spinto le aziende a comunicare il proprio impegno per la tutela dell’ambiente. Non mancano però dichiarazioni poco trasparenti.

Per limitare possibili fenomeni di greenwashing, nella primavera del 2023 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di Direttiva sui Green Claims con l’obiettivo di regolamentare gli annunci usati dalle imprese nella comunicazione dei loro sforzi in merito ai fattori ESG.

 

Green Claims: cosa sono e cosa prevede la direttiva

 

La proposta di Direttiva sui Green Claims è volta a stabilire dei criteri affinché le informazioni divulgate dalle aziende siano affidabili e verificabili, contrastando dunque affermazioni fuorvianti sui meriti ambientali di prodotti e servizi.

Una regolamentazione che si inserisce in un disegno più ampio, iniziato a marzo 2022 con il progetto di tutela e responsabilizzazione dei consumatori affinché contribuiscano attivamente alla transizione verde.

Nella proposta di direttiva sui Green Claims, si specifica che per green claim si intende “un messaggio o una dichiarazione avente carattere non obbligatorio, compresi testi e rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche, in qualsiasi forma, tra cui marchi, nomi di marche, nomi di società o nomi di prodotti, che asserisce o induce a ritenere che un dato prodotto o professionista abbia un impatto positivo o nullo sull'ambiente oppure è meno dannoso per l'ambiente rispetto ad altri prodotti o professionisti oppure ha migliorato il proprio impatto nel corso del tempo”.

 

In UE il 40% dei Green Claims non è comprovato

 

La Commissione europea ha effettuato due studi, nel 2014 e nel 2020, su 150 asserzioni ambientali, evidenziando quanto il tema del greenwashing sia serio e sentito.

Dalle ricerche è infatti emerso che:

  • il 53,3% delle dichiarazioni ambientali esaminate nell’Ue sono risultate vaghe, fuorvianti o infondate;
  • il 40% delle dichiarazioni green non è comprovato da evidenze certe;
  • la metà di tutte le etichette green presentavano lacune sulla verificabilità e nelle certificazioni
  • sono ben 232 i marchi di qualità ecologica esistenti nell'UE, con livelli di trasparenza molto differenti fra loro.

 

Risultati preoccupanti, confermati anche da un'indagine eseguita a novembre 2020 dalle autorità di cooperazione per la tutela dei consumatori, in cui su un totale di 344 dichiarazioni di sostenibilità valutate, in oltre metà dei casi (57,5%) non sono stati forniti elementi sufficienti per consentire la valutazione dell'esattezza della dichiarazione.

Non sorprende dunque che la stessa analisi abbia evidenziato una scarsa fiducia dei consumatori nei confronti delle asserzioni ambientali.

Un problema, quello dell’attendibilità di dichiarazioni, marchi, etichette e certificazioni, che penalizza non solo i consumatori nelle loro scelte quotidiane, ma anche le imprese che offrono prodotti realmente sostenibili.

 

Green Claims Directive: gli obiettivi della proposta

 

Sono sostanzialmente quattro gli obiettivi della proposta sui Green Claims:

  • rendere le dichiarazioni ecologiche affidabili, comparabili e verificabili in tutta l'UE;
  • proteggere i consumatori dal greenwashing;
  • contribuire a creare un'economia circolare e verde nell'UE consentendo ai consumatori di prendere decisioni di acquisto informate;
  • contribuire a stabilire parità di condizioni in merito agli impatti ambientali dei prodotti.

Per ottenere questi risultati, ci si muove lungo diverse direzioni al fine di vietare asserzioni, ma anche certificazioni, marchi ed etichette non verificabili, bandendo pratiche commerciali considerate sleali e associate al greenwashing, come:

  • esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche;
  • formulare un’asserzione ambientale generica (si pensi per esempio a espressioni come “green”, “amico della natura”, “efficiente dal punto di vista energetico”) per cui non è possibile dimostrare la veridicità delle prestazioni ambientali pertinenti all’asserzione;
  • fare una dichiarazione ecologica concernente il prodotto nel suo complesso quando riguarda soltanto un determinato aspetto o componente.

 

La Green Claims Directive bandisce l’auto-certificazione di sostenibilità

 


Le certificazioni giocano un ruolo importante nell’attestare la veridicità di una dichiarazione o un marchio ambientale e infatti la proposta di direttiva entra nel merito di chi possa rilasciare le certificazioni e come debbano essere rilasciate.

In particolare, viene chiarito che per sistema di certificazione si intende un processo di verifica svolto da terze parti che, nel rispetto di condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie, certifica che un dato prodotto è conforme a determinati requisiti.

Viene inoltre specificato che il monitoraggio di conformità deve essere oggettivo, basato su norme e procedure internazionali o nazionali, e svolto da un soggetto che è indipendente sia dal titolare del sistema sia da chi fa richiesta della certificazione.

Saranno bandite, dunque, le etichette di sostenibilità “auto-certificate” o che non rispondano a requisiti minimi di trasparenza e credibilità.

 

La transizione green richiede responsabilità e consapevolezza

 

La proposta di Direttiva sui Green Claims è in attesa di approvazione definitiva, ma si prevede entrerà in vigore dal 2026. Dopo di che gli Stati membri avranno due anni di tempo per adottarla a livello nazionale.

Si tratta di un passaggio fondamentale per favorire una reale consapevolezza nei consumatori e nelle aziende del loro ruolo nella transizione green. Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte. Iniziamo dalla coerenza fra ciò che diciamo di fare e ciò che facciamo.

L’impegno nella sostenibilità va raccontato, ma anche dimostrato nei fatti. Il prezzo del non farlo è l’allontanamento di clienti, fornitori e partner commerciali.

Luca Greco
L'AUTORE
Luca Greco

Sales Innovation Director, Cribis

Dopo un’esperienza ventennale nel B2B sales, nella quale ha ottenuto importanti risultati accrescendo il valore di alcuni clienti strategici attraverso l’implementazione di progetti complessi in ambito credit management, supply chain e sales acceleration, ha avviato un nuovo percorso professionale assumendo il ruolo di Sales Innovation Director. Nel nuovo ruolo coordina un Team multitasking che si occupa di supportare e formare le reti di vendita, di garantire lo sviluppo di alcuni mercati verticali e di assistere i clienti nell’adoption dei servizi per aumentare il loro grado di consapevolezza e di soddisfazione. Appassionato lettore di saggi di storia, geopolitica e romanzi declina questa passione nei viaggi in luoghi con grande impatto naturalistico e/o ricchi di contenuti storici.

Sales Innovation Director, Cribis

Dopo un’esperienza ventennale nel B2B sales, nella quale ha ottenuto importanti risultati accrescendo il valore di alcuni clienti strategici attraverso l’implementazione di progetti complessi in ambito credit management, supply chain e sales acceleration, ha avviato un nuovo percorso professionale assumendo il ruolo di Sales Innovation Director. Nel nuovo ruolo coordina un Team multitasking che si occupa di supportare e formare le reti di vendita, di garantire lo sviluppo di alcuni mercati verticali e di assistere i clienti nell’adoption dei servizi per aumentare il loro grado di consapevolezza e di soddisfazione. Appassionato lettore di saggi di storia, geopolitica e romanzi declina questa passione nei viaggi in luoghi con grande impatto naturalistico e/o ricchi di contenuti storici.

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